Pur a seguito del referendum del 1995, abrogativo del secondo comma dell'art. 26 dello statuto dei lavoratori (L. 20 maggio 1970 n. 300), e della successiva entrata in vigore del D.P.R. n. 313 del 1995, non esiste alcun divieto di riscossione di quote associative sindacali a mezzo di trattenuta operata dal datore di lavoro, essendo semplicemente venuto meno il relativo obbligo. Pertanto, ben possono i lavoratori, nell'esercizio della propria autonomia privata, collettiva ed individuale, attraverso lo strumento della cessione del credito in favore del sindacato - istituto che non richiede il consenso del debitore - ovvero la delegazione di pagamento, richiedere al datore di lavoro di trattenere sulla retribuzione i contributi sindacali da accreditare al sindacato stesso. In detta ipotesi, il comportamento omissivo del datore di lavoro che rifiuti di effettuare detti versamenti si configura come antisindacale, in quanto pregiudica l'acquisizione da parte del sindacato dei mezzi di finanziamento necessari allo svolgimento dell'attività, e perciò ricade nella tutela inibitoria di cui all'art. 28 St.Lav. (L. 20 maggio 1970 n. 300).