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lunedì 23 gennaio 2012

PUBBLICO IMPIEGO PRIVATIZZATO - GIURISDIZIONE. CASSAZIONE SEZIONI UNITE ORDINANZA N. 2954 DEL 27.02.2002

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 28 giugno 2000 il dott. A.L.conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano, quale giudice del lavoro, l'Azienda ospedaliera Ospedale Niguarda Ca' Granda di Milano, in persona del legale rappresentante "pro-tempore". Esponeva che, con la deliberazione 19 luglio 1999 n. 973, l'azienda convenuta aveva conferito alla dottoressa P. L. l'incarico quinquennale di dirigente medico di secondo livello, disciplina di endocrinologia, nonostante che egli avesse un curriculum professionale più qualificato e quindi il diritto a conseguire l'incarico. Chiedeva che fosse dichiarata l'illegittimità della delibera e che fosse condannata l'Azienda al risarcimento del danno.

Nelle more del giudizio, con ricorso notificato il 18 settembre 2000, l'Azienda ha proposto istanza di regolamento di giurisdizione chiedendo che fosse dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo. Il dott. L. ha proposto controricorso, illustrato con memoria, con il quale ha chiesto che venga dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.

Motivi della decisione

Come ha già affermato questa Corte, la giurisdizione sulle controversie in tema di conferimento di incarico di dirigente del ruolo sanitario di secondo livello spetta all'autorità giudiziaria ordinaria. (Cass., S.U., 11 giugno 2001 n. 7859).

Al riguardo va osservato che, in base all'art. 15 del decreto legislativo n. 502 del 1992, così come modificato dall'art. 16 del decreto legislativo 7 dicembre 1993 n. 517, la dirigenza del ruolo sanitario era articolata in due livelli al primo dei quali si accedeva attraverso un concorso pubblico, mentre il secondo era conferito dal direttore generale a coloro che fossero in possesso dell'idoneità nazionale sulla base del parere di una apposita commissione di esperti.

La disciplina è stata modificata sotto alcuni aspetti dal decreto legislativo 19 giugno 1999 n. 229 che, pur sostituendo l'art. 15 del decreto legislativo n. 502 del 1992 e le successive modifiche, non incide tuttavia sulla giurisdizione e comunque non si applica "ratione temporis" all'odierna controversia.

In questa infatti il dottor L. lamenta che l'azienda convenuta abbia conferito l'incarico quinquennale di dirigente medico di secondo livello, disciplina di endocrinologia, alla dottoressa P. L. nonostante che egli avesse un curriculum professionale più qualificato e quindi il diritto a conseguire l'incarico.

La questione di giurisdizione deve essere risolta in base al nuovo criterio di ripartizione introdotto dall'art. 68 del decreto legislativo n. 29 del 1993 e successive modifiche (art. 33 del decreto legislativo n. 546 del 1993, art. 29 del decreto legislativo n. 80 del 1998, art. 18 del decreto legislativo n. 387 del 1998) e da ultimo dall'art. 63 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165 intitolato "Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni Pubbliche". Difatti la norma si applica a partire dal 30 giugno 1998, data che segna la devoluzione delle controversie di lavoro dei dipendenti della Pubblica Amministrazione al giudice ordinario. Nel caso in esame i fatti di causa sono tutti successivi: l'avviso pubblico è stato, infatti, affermato con la deliberazione n. 1577 del 19 novembre 1998, mentre l'incarico è stato conferito con la deliberazione n. 973 del 19 luglio 1999.

In base al nuovo criterio di ripartizione della giurisdizione si deve ritenere che la controversia relativa alla legittimità del conferimento dell'incarico di dirigente medico di secondo livello, oggi dirigente di struttura complessa, rientra nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria.

Difatti l'art. 63 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165 dispone che sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni, incluse le controversie concernenti l'assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale, nonché quelle concernenti le indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti.

Il quarto comma dello stesso articolo dispone, invece, che restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonché, in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie relative ai rapporti di lavoro del personale in regime pubblico, di cui all'art. 3, ivi comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessi.

La legge istituisce un nuovo criterio di ripartizione della giurisdizione tra l'autorità giudiziaria ordinaria e l'autorità giudiziaria amministrativa: un criterio di ripartizione che tende a garantire una tutela giurisdizionale completa dinanzi ad un'unica autorità giudiziaria, e precisamente l'autorità giudiziaria ordinaria, con il solo limite delle controversie relative ai rapporti di lavoro del personale in regime pubblico ovvero in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti della Pubblica Amministrazione.

Si deve trattare, tuttavia, di concorsi, ossia di procedure in cui i criteri di accertamento, valutazione e comparazione delle qualità dei candidati sono stabilite dalla legge. I candidati sono sottoposti a una o più prove di esame in base alle quali l'organo incaricato dell'assunzione deve formulare un giudizio tecnico di carattere comparativo e redigere una graduatoria finale. Non rientrano, quindi, nella giurisdizione del giudice amministrativo i casi in cui il concorso sia diretto non già ad assumere, ma a promuovere il personale già assunto.

Parimenti non rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo i casi in cui la legge riserva il conferimento dell'incarico al potere del tutto discrezionale della Pubblica Amministrazione.

Nel caso in esame non può ravvisarsi una procedura concorsuale, ai sensi dell'art. 63, quarto comma, del decreto legislativo n. 165 del 2001, in quanto la Commissione non è stata chiamata ad operare una valutazione comparativa tra gli aspiranti e a redigere una graduatoria, ma esclusivamente a esprimere un giudizio di idoneità dei medesimi a ricoprire l'incarico dirigenziale applicato. La scelta tra questi ultimi della persona cui conferire l'incarico dirigenziale è rimessa all'Ente senza che la legge indichi i criteri da seguire. Deve quindi ritenersi che la scelta avvenga nell'esercizio delle capacità e dei poteri del datore di lavoro, poteri che devono ormai considerarsi di natura privata e che sono sindacabili da parte del giudice ordinario sotto il profilo del rispetto delle regole di correttezza e di buona fede; e che le valutazioni della commissione costituiscono "un atto amministrativo presupposto", disapplicabile da parte del giudice ordinario in sede di decisione sul diritto all'assunzione (Cass., S.U., 22 marzo 2001 n. 128).

D'altra parte non può essere accolta la tesi dell'Avvocatura per la quale, in base al nuovo riparto della giurisdizione in materia di impiego dei dipendenti della Pubblica Amministrazione, sarebbe di competenza del giudice amministrativo ogni controversia che riguardi l'attività selettiva del personale; che solo la tutela delle posizioni giuridiche costituitesi a seguito dell'espletamento della selezione rientrerebbe nella giurisdizione ordinaria; che l'illegittimità della procedura di selezione costituirebbe esercizio di poteri tipicamente volti alla tutela del pubblico interesse rispetto ai quali i candidati non possono vantare che posizioni giuridiche di interesse legittimo; che la devoluzione all'autorità giudiziaria della tutela delle controversie in materia di procedure selettive farebbe venir meno ogni tutela giudiziaria dell'interesse legittimo, l'unico che può vantare l'interessato, e sarebbe perciò costituzionalmente illegittimo.

L'interpretazione così proposta, difatti, è contraria non soltanto al chiaro disposto letterale della norma, ma anche allo spirito della legge. Questa, difatti, espressamente include tra le controversie in materia di pubblico impiego trasferite al giudice ordinario il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali: e ha accentrato presso il giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative al rapporto di pubblico impiego; ha operato una devoluzione per materia di tali controversie istituendo, in definitiva, una giurisdizione esclusiva del giudice ordinario per il pubblico impiego, sottratta al criterio tradizionale di riparto tra le giurisdizioni, fondato sulla situazione giuridica soggettiva fatta valere dall'interessato.

Deve pertanto ritenersi, che in base al disposto del primo comma dell'art. 63 del decreto legislativo n. 165 del 2001, la cognizione della controversia spetti al giudice ordinario.

L'azienda ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese di questo regolamento di giurisdizione nei confronti delle parti costituite, spese che si liquidano come in dispositivo, e al pagamento degli onorari di avvocato che si liquidano in L. 4 milioni.

P.Q.M.

La Corte a Sezioni Unite, pronunziando in Camera di Consiglio ai sensi del nuovo testo dell'art. 375 del codice di procedura civile, dichiara la giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria. Condanna l'azienda ricorrente al pagamento delle spese degli onorari di questo regolamento di giurisdizione nei confronti delle parti costituite. Liquida le spese in L. 60.000 (€ 30,99) e gli onorari di avvocato in L. 4 milioni (€ 2.065,83).

Così deciso in Roma il 25 ottobre 2001.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 27 FEBBRAIO 2002.