Nel caso di specie una dipendente aveva chiesto, ottenendola nei precedenti gradi di giudizio, la declaratoria di nullità del licenziamento intimatole. La contestazione disciplinare dell’azienda riguardava due fattispecie: una relativa alle ripetute assenze in giorni successivi a festività o ferie e l’altra la recidiva già punita con sospensione dal lavoro e dalla retribuzione. La Suprema Corte conferma l’illegittimità del licenziamento, sia per la tardività della contestazione sia per esaurimento del potere sanzionatorio del datore di lavoro. In particolare, in merito al secondo punto, i giudici hanno affermato che il datore di lavoro, una volta esercitato validamente il potere disciplinare nei confronti del prestatore di lavoro in relazione a determinati fatti costituenti infrazioni disciplinari, non può esercitare una seconda volta, per quegli stessi fatti, il detto potere ormai consumato, essendogli soltanto consentito, a norma dell’ultimo comma dell’art. 7 della L. 20 maggio 1970, n. 300, di tenere conto della sanzione eventualmente applicata entro il biennio. Dunque, è illegittimo il licenziamento intimato in base alla contestata recidiva per precedenti comportamenti già puniti con la sanzione disciplinare, in assenza di autonoma infrazione attualmente sanzionabile, laddove, in difetto di contestazione di una nuova infrazione il datore di lavoro non può riesaminare in sede disciplinare le predette mancanze, già colpite ciascuna da sanzioni di tipo conservativo, per applicare per quelle stesse infrazioni, una più grave sanzione di carattere espulsivo.