Svolgimento del processo
Il pretore di Pordenone ha rigettato l'opposizione proposta da G. R. avverso l'ordinanza ingiunzione 3 marzo 1986, emessa dall'INPS per il pagamento di L. 600.000 a titolo di contributi omessi.
Con l'atto di appello, per quanto ancora rileva, il R. ha sostenuto che erroneamente il pretore aveva qualificato subordinato il lavoro prestato da Carmela C., incaricata della pulizia dei locali dell'impresa.
Il Tribunale di Pordenone ha respinto l'appello con la motivazione che: non aveva rilievo il "nomen iuris" dato dalle parti al contratto, definito di appalto con scrittura privata; le caratteristiche del rapporto di lavoro subordinato sono la prestazione di energie lavorative, l'inserimento nell'organizzazione aziendale e la subordinazione, la continuità della prestazione e la definizione dei compensi; le circostanze di fatto accertate dai funzionari dell'INPS (la prestazione del servizio da ben undici anni, in orari predeterminati; l'assenza di un'autonoma organizzazione di impresa in capo alla C., che si avvaleva di pochi strumenti di lavoro) consentivano di ritenere l'inserimento stabile nell'organizzazione imprenditoriale del R. latamente comprensiva anche del servizio di pulizia dei locali, mentre la subordinazione non restava esclusa da un controllo soltanto successivo dell'esecuzione del lavoro.
La cassazione di questa sentenza è domandata dal R. per due motivi.
Motivi della decisione
Il primo motivo di annullamento è la violazione e falsa applicazione degli artt. 2094, 2122 cod. civ., nonché la motivazione contraddittoria, per avere la sentenza impugnata negato ogni rilievo alla volontà dei contraenti, che univocamente era stata manifestata tanto in fase di formazione che in quella di esecuzione, ed affermato necessario il requisito della subordinazione, basandosi poi su circostanze di fatto che lungi dal dimostrarlo ne escludevano l'esistenza.
Secondo motivo è il vizio della motivazione e la violazione dell'art. 115 cod. proc. civ. per avere il Tribunale di Pordenone valorizzato giudizi dei funzionari dell'Istituto, non significativi elementi di fatto, dei quali l'INPS avrebbe dovuto comunque fornire la prova.
L'esame congiunto dei due motivi conduce all'accoglimento del ricorso.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte al fine della distinzione tra rapporto di lavoro subordinato e rapporto di lavoro autonomo, il criterio determinante è quello della subordinazione, inteso come vincolo di natura personale che assoggetta il prestatore d'opera al potere direttivo del datore di lavoro con conseguente limitazione della sua autonomia, mentre altri elementi - quali la collaborazione, l'assenza di rischio, la natura e la continuità della prestazione lavorativa, la forma della retribuzione, l'osservanza di un orario - possono avere una portata soltanto sussidiaria e non decisiva (da ultimo: sentenza n. 2553 del 1990).
Inoltre, sempre ai fini della qualificazione di un rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, non si può prescindere dalla preventiva ricerca della volontà delle parti, giacché il principio secondo cui, ai fini della qualificazione in questione, è necessario aver riguardo all'effettivo contenuto del rapporto stesso, indipendentemente dal "nomen iuris" usato dalle parti, non implica che la dichiarazione di volontà di queste in ordine alla fissazione di tale contenuto o di un qualificante elemento di esso, debba essere stralciata dall'interpretazione del precetto contrattuale e che non debba tenersi conto del relativo reciproco affidamento delle parti stesse e della concreta disciplina del rapporto quale voluta dalle medesime nell'esercizio della loro autonomia contrattuale.
Pertanto, quando le parti, nel regolare i loro reciproci interessi, abbiano dichiarato di voler escludere l'elemento della subordinazione, non è possibile, specie nei casi caratterizzati dalla presenza di elementi compatibili con l'uno o con l'altro tipo di rapporto, pervenire ad una diversa qualificazione se non si dimostra che in concreto il detto elemento della subordinazione si sia di fatto realizzato nello svolgimento del rapporto medesimo (da ultimo sentenza n. 2024 del 1990).
Infine, sul tema specifico del servizio di pulizia, è stato deciso che, al fine di stabilire se l'attività di pulizia di uffici costituisca un rapporto di lavoro subordinato oppure di lavoro autonomo o di appalto di servizi, occorre riscontrare in concreto il requisito della subordinazione che postula la sussistenza di un vincolo gerarchico in base al quale il lavoratore resta assoggettato agli ordini ed alle disposizioni impartite dal datore di lavoro, vincolo che non può essere affermato in base al mero riscontro che la suddetta attività sia regolata dalle direttive del datore di lavoro, anche se relative ad orari e modalità di esecuzione della prestazione, tenuto conto che anche nel lavoro autonomo e nell'appalto di servizi è configurabile un'ingerenza del creditore della prestazione in ordine ai tempi e modi dell'adempimento (n. 1242 del 1986), mentre né la corresponsione di un compenso fisso, né la ripetizione giornaliera della prestazione sono elementi sufficienti (n. 708 del 1986), e valore secondario ha l'inesistenza in capo al lavoratore di un'organizzazione di tipo imprenditoriale anche in termini minimi (n. 4150 del 1988).
La sentenza impugnata si è discostata da questi principi per avere affermato l'irrilevanza del "nomen iuris" adottato dalle parti e valorizzato elementi soltanto sussidiari - come la continuità nel tempo della prestazione, la retribuzione fissa, l'inesistenza di un'organizzazione imprenditoriale in capo alla lavoratrice, la predeterminazione di un orario - lasciando completamente in ombra quelli realmente in grado di dimostrare la subordinazione intesa come messa a disposizione e controllo intrinseco della prestazione, subordinazione che anzi è stata desunta da dati di segno contrario quali direttive programmatiche ed i controlli successivi sull'esecuzione del lavoro.
Sarà il giudice di rinvio, che si designa nel Tribunale di Udine a compiere l'indagine di fatto uniformandosi, al seguente principio di diritto: "Al fine di stabilire se l'attività di pulizia dei locali di un'impresa sia resa in esecuzione di un contratto di lavoro subordinato ovvero autonomo o di appalto di servizi, il giudice deve in primo luogo ricercare la volontà delle parti, e, se queste hanno dichiarato di voler escludere la subordinazione, non è possibile pervenire ad una diversa qualificazione del rapporto se non si dimostra che in concreto, in fase di esecuzione, si è di fatto realizzata, con l'assoggettamento del lavoratore al potere del datore di lavoro di disporre della prestazione e controllarne intrinsecamente lo svolgimento, senza possibilità di utilizzare elementi compatibili con l'uno e con l'altro tipo di rapporto, quali la continuità della prestazione, la retribuzione fissa, l'orario predeterminato, le direttive ed i controlli sull'esecuzione, l'inesistenza di un'organizzazione imprenditoriale in capo al lavoratore".
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Udine, che provvederà anche in ordine alle spese di questa fase del giudizio.
Così deciso il 6 giugno 1990.