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giovedì 17 maggio 2012

Elemento peculiare che distingue il lavoro subordinato dal lavoro autonomo è la subordinazione - Cass. sent. n. 7171 del 10.05.2003

Svolgimento del processo

Il sig. A. P. ricorre per la cassazione della sentenza, descritta in epigrafe, del Tribunale di Lucera che, confermando quella di primo grado, ha respinto la sua domanda volta ad ottenere, nei confronti dell'E. spa, con cui intratteneva un incarico, ex art. 2222 c.c., di letturista autonomo, addetto alla rilevazione periodica dei consumi elettrici, il riconoscimento dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, stante il concreto atteggiarsi del rapporto "equivalente" a quello dei dipendenti dell'Ente, addetti a consimili prestazioni.

La sentenza impugnata ha argomentato che, "prescindendo da ogni qualificazione formale contenuta nella lettera di conferimento dell'incarico", le concrete modalità della prestazione del lavoratore non consentivano di rinvenire elementi contrastanti con la volontà contrattuale, interpretata "al fine di ricercare le reali intenzioni sottese alle dichiarazioni in esso (contratto) contenute".

Contro questa sentenza il ricorrente prospetta i vizi di motivazione e le violazioni di legge infra descritti.

Resistono con unico controricorso, sia l'E. spa che l'E. distribuzione spa, succeduta all'E. spa per effetto dell'art. 13, comma 12, lett. b) del D.Lgs. n. 79 del 1999.

Motivi della decisione

Con unico, complesso motivo di ricorso, il sig. A. P. illustra la "violazione e falsa applicazione degli artt. 2094 e 2222, c.c., nonché dell'art. 2105 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c. n. 3; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia prospettati (progettati?) dalle parti e rilevabili di ufficio in relazione all'art. 360 c.p.c. n. 5, osservando che il Tribunale, "... non ha potuto fare a meno di riconoscere che... le prestazioni eseguite dal P., di fatto, si sono svolte sempre in regime di totale soggezione del P. alle disposizioni impartitegli dall'E. di volta in volta ed in modo da non lasciargli alcun margine di discrezionalità sia nella scelta del tempo della esecuzione della prestazione che gli viene intimata dall'oggi al domani, sia quanto al tempo della riconsegna del registro ove annotare le rilevazioni fatte".

In questa situazione sostiene, dando per scontato che l'elemento di distinzione principale del rapporto di lavoro subordinato da quello di lavoro autonomo sia costituito dal vincolo di natura personale consistente nella subordinazione, con conseguente limitazione della libertà del prestatore d'opera, essendo costui "tenuto ad osservare le prescritte modalità di tempo e di luogo della prestazione...", che il Tribunale ne abbia ignorato la valenza, prendendo invece a riferimento "altri elementi che concorrono solo in via sussidiaria a determinare la natura del rapporto".

In particolare, riprodotta la lettera d'incarico del 12 febbraio '83 ("Nel caso di ogni possibile suo impedimento nell'espletamento dell'incarico affidatole, sarà tenuto a comunicarlo, entro tre giorni alla nostra agenzia di Lucera a mezzo lettera raccomandata nella quale dovrà, inoltre, indicare le generalità della persona che eventualmente e temporaneamente la sostituirà. Nessun ulteriore compenso sarà dall'E. dovuto in aggiunta ai corrispettivi di cui al successivo punto 3) a fronte della prestazione resa dal sostituto designato, del cui operato lei sarà tenuto a rispondere a tutti gli effetti di legge. In difetto di tale tempestiva comunicazione l'E. richiederà la immediata riconsegna dei supporti e provvederà, a propria cura ma a sue spese all'espletamento del servizio, salvi i maggiori danni"), contesta la deduzione del Tribunale secondo cui la possibilità di sostituzione "è rimessa unicamente alla scelta del letturista e che il letturista è tenuto soltanto alla comunicazione all'Ente".

Segnala, in dettaglio, che il Tribunale non avrebbe rilevato, analizzando questa clausola, che il suo obbligo d'indicare le generalità del sostituto, limitava enormemente la sua autonomia e libertà, posto che nel contratto d'opera è solo prevista la prevalenza del lavoro dell'incaricato e che le quantità e la modalità delle letture e in genere delle prestazioni richieste(gli), volta per volta, avevano comportato la sua totale soggezione "agli ordini impartitigli, da eseguire rigorosamente, nel ristrettissimo tempo messogli a disposizione e secondo le modalità prescritte dall'Ente, senza alcuna possibilità di scelta e senza alcuna possibilità di dare una propria organizzazione al proprio lavoro".

D'altronde contesta il rilievo dato dal Tribunale "alle dichiarazioni di principio contenute nella lettera d'incarico, secondo cui il compito di rilevare i consumi e di trascriverli sul supporti di lettura forniti dall'E...." erano eseguiti "nella più ampia autonomia, senza alcun vincolo di orario e di subordinazione e con totale assunzione a suo carico di ogni onere, responsabilità e rischio inerenti all'espletamento dell'incarico".

D'altra parte, dopo aver rimarcato l'errore espresso dal Tribunale quando osserva che "il compenso è attribuito formalmente e concretamente versato non ad ore, ma tenendo conto del risultato" e che manca una previsione d'orario giornaliero, posto che, secondo quanto da lui indicato nell'atto d'appello, era emerso che gli era stata imposta una serie di prestazioni da compiere "in soli sei giorni" a fronte delle letture che il lavoratore subordinato E. svolge in dieci giorni, argomenta il malinteso in cui incorre la sentenza analizzando la cessazione del rapporto, chiamata "risoluzione", dal momento che tale situazione non era affatto ricollegabile ad una forma di responsabilità oggettiva, oltretutto non prevista dal contratto, quale reputata dal Tribunale, ma solo come sanzione di un eventuale inadempimento per colpa, rilevando, infine, l'inconsistenza dei richiami, già espressi dalla sentenza pretorile, alla mancata dotazione di un computer portatile su cui annotare le rilevazioni effettuate o all'uso di un proprio mezzo per gli spostamenti, compatibile con l'attività dei "letturisti" in regime di subordinazione e alla sua iscrizione, quale elettricista artigiano, presso la C.C.I.A.A. di Foggia, parimenti ammessa dalla contrattazione collettiva nei confronti dei dipendenti.

Il ricorso non merita di essere accolto.

La sentenza impugnata, a prescindere da alcune inesattezze valutative, di cui si dirà, tuttavia inidonee ad incidere sull'impianto generale della valutazione del rapporto, ha individuato, sulla base di alcuni indici sintomatici di riferimento, con esauriente e completa esposizione, immune da vizio logico-giuridico, che l'attività deputata al P. era di natura autonoma.

Costituisce fermo principio giurisprudenziale quello secondo cui ogni attività umana, economicamente apprezzabile, possa formare oggetto d'un rapporto di lavoro subordinato o d'un rapporto di lavoro autonomo, a seconda delle modalità del suo concreto atteggiarsi.

Da qui discende che l'elemento peculiare che distingue il primo dal secondo rapporto è costituito dalla subordinazione, quale assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, esercitato attraverso l'emanazione di ordini specifici sulle modalità di realizzazione dell'attività lavorativa offerta in concreto e verificata mediante l'esercizio di un'assidua attività di vigilanza e di controllo.

Per contro, altri elementi, quali l'osservanza di un orario, l'assenza di rischio economico, la forma di retribuzione e la stessa misura della collaborazione, possono avere, invece, valore indicativo, ma mai decisivo.

Ne consegue che la valutazione delle risultanze processuali che portano ad includere il rapporto controverso nell'uno o nell'altro schema contrattuale, in relazione alla specificità dell'incarico conferito al lavoratore e al modo della sua esecuzione, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso all'esclusiva competenza del giudice del merito, incensurabile mi sede di legittimità, se sorretto da motivazione adeguata e immune da vizi logici e giuridici (v., ex plurimis, Cass. 3 aprile 2000, n. 4036; 4 novembre 2000, n. 14414; 16 gennaio 1996, n. 326, ecc.).

Sul punto il Tribunale ha individuato quali elementi discriminanti, rispetto al preteso rapporto subordinato di lavoro, oltre le modalità di corrispondere il compenso sulla base dei risultati delle verifiche dei consumi, l'assenza di vincoli di orario, con organizzazione autonoma dell'attività e totale libertà delle "letture" giornaliere e la possibilità del P., "rimessa esclusivamente alla sua scelta", salvo l'onere di comunicazione del nominativo dell'incaricato, ma senz'alcun intervento dell'ente, di farsi sostituire nelle rilevazioni, rimarcando che "tali ipotesi non sono predeterminate, con la conseguenza che il concetto relativo è in concreto di gran lunga più ampio rispetto alle ragioni di impedimento..." e ritenendo non particolarmente significative la comparazione fra le prestazioni dei "letturisti" subordinati, rispetto a quelli liberi, che organizzano in modo autonomo "le modalità dell'adempimento dell'obbligazione di lavoro, seppure vincolate a tempi ristrettissimi".

D'altra parte, non è stata particolarmente contestata l'esegesi fornita dal Tribunale sul contenuto delle clausole contrattuali, riferite in sentenza, attraverso una puntuale indicazione, pur in assenza di un rigoroso riferimento alle ipotesi contemplate dal codice civile, dei difetti d'interpretazione che sarebbero stati, in tesi, commessi, tali da poter condurre, qualora obiettivamente discussi e verificabili, ad una decisione diversa da quella adottata, in considerazione del fatto che se il relativo errore non fosse stato commesso, il giudizio sarebbe potuto essere diverso.

Né, mi questo contesto, appaiono particolarmente significative, non essendo idonee ad incidere sulla natura del rapporto, sia l'analisi, da parte del Tribunale, contestata dal P., della risoluzione del rapporto, quale effetto del rischio, per il lavoratore autonomo, di decadenza dall'incarico "con effetto immediato in caso di mancata consegna nel giorno stabilito, dei supporti di lettura", anche in caso di comportamento "non addebitabile" al turnista, oltretutto trattandosi di situazione non verificata nei fatti, e la connessa valutazione parallela alle ipotesi di recesso o di licenziamento, proprie della attività subordinata, di cui la sentenza dà una lettura contraddittoria rispetto alle stesse evenienze che mostra di ben conoscere (v., infatti, in motivazione, l'attività di informazione - "cartolina avviso" - all'utente assente, anche da parte del letturista autonomo, ecc. - 6° e 7° facciata della sentenza); il riferimento all'uso di un computer (che sembra in dotazione ai soli "letturisti" dipendenti: ma v. ricorso, pg. 14, penultimo alinea) o all'uso del mezzo proprio.

Per concludere, il ricorso deve essere rigettato.

Appare equo compensare fra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Spese compensate.

Così deciso in Roma il 20 gennaio 2003.