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giovedì 10 gennaio 2013

Molestie e battute a sfondo sessuale sul lavoro

Molestie sessuali e prova del datore di lavoro. Sentenza del Tribunale di Milano del 04.10.2012: "In presenza di versioni dei fatti così diverse e contrastanti rese dalle persone presenti, non può dirsi raggiunta la prova (il cui onere spettava al datore di lavoro) delle circostanze poste a base delle gravi contestazioni disciplinari sollevate nei confronti del lavoratore"

OMISSIS

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 21/10/12 il ricorrente in epigrafe indicato premesso di aver lavorato alle dipendenze della convenuta dal 18/06/07 in qualità di socio con contratto di lavoro subordinato con mansioni di facchino e inquadramento al V livello CCNL Trasporti, deduceva illegittimità del licenziamento intimatogli per giusta causa in data 27/05/11, contestando in particolare la sussistenza della giusta causa del recesso, rappresentata dall'addebito di comportamenti offensivi e aggressivi nei confronti di un collega.

Ciò premesso chiedeva l'accertamento dell'illegittimità del licenziamento intimatogli con conseguente condanna della società al risarcimento del danno ex art. 8 L. 604/06.

Si costituiva regolarmente in giudizio la Ap. soc. coop. a r.l. contestando in fatto ed in diritto quanto ex adverso dedotto, ribadendo la legittimità del provvedimento espulsivo adottato.

All'esito dell'istruttoria la causa è stata discussa e decisa dando lettura del dispositivo.

Motivi della decisione

La domanda volta ad ottenere la declaratoria di illegittimità del licenziamento è fondata. E' pacifico l'inquadramento della fattispecie sottoposta all'esame di questo Giudice nell'ambito del licenziamento intimato per giusta causa, in considerazione del venir meno dell'elemento fiduciario posto a base del rapporto di lavoro in conseguenza della contestazione disciplinare del 2/05/11 a carico del ricorrente (doc. 1 allegato al ricorso). In tale missiva la società accusava il ricorrente di aver tenuto un comportamento "inurbano e offensivo dell'onorabilità personale di un Suo collega" consistente nell'essersi abbassato i pantaloni "chiedendo al (...) collega una prestazione di sesso orale", e avendo reagito con aggressione fisica al suo rifiuto.

Alla suddetta contestazione disciplinare seguiva in data 25/05/11 il licenziamento per giusta causa. Il lavoratore ha contestato la fondatezza del provvedimento adottato, asserendo che in data 29/04/11 si trovava nello spogliatoio, per cambiarsi prima di iniziare il turno di lavoro, insieme al sig. Is.Md., con il quale aveva scambiato battute e scherzi a sfondo sessuale senza alcun tipo di degenerazione violenta.

Il ricorrente aveva inoltre aggiunto che durante lo svolgimento dei fatti erano intervenuti due responsabili della cooperativa, i quali travisando l'accaduto, avevano riferito ai superiori circostanze del tutto inveritiere.

Sul punto l'istruttoria esperita non ha fornito elementi probatori idonei a confermare la validità del provvedimento disciplinare adottato. Si osserva in primo luogo che il teste Is., ex dipendente della cooperativa, vittima dell'asserita aggressione ha riferito che "non è vero che ci siamo picchiati. Abbiamo parlato da lontano. Io e il ricorrente non ci siamo mai avvicinati", precisando di aver firmato la dichiarazione prodotta sub doc. 11 da parte convenuta senza leggerne il contenuto stante la scarsa conoscenza della lingua italiana.

Il teste Ki., indicato anche da parte convenuta, ha dichiarato di essere stato presente ai fatti che hanno dato luogo al licenziamento e di ricordare che il ricorrente si era abbassato i pantaloni quasi per scherzare facendo arrabbiare il sig. No. ma che non c'era stato alcun episodio di molestie.

Solo i testi Ac. e Pi. hanno riferito di essersi recati negli spogliatoi avendo sentito dei rumori e di aver visto il ricorrente mentre aggrediva il sig. No., spingendolo contro gli armadietti.

Alla luce delle predette dichiarazioni si osserva in primo luogo che, con riferimento alle asserite molestie sessuali è lo stesso sig. No. a negare che le stesse si siano verificate, disconoscendo peraltro la dichiarazione sottoscritta nell'immediatezza dell'episodio. Inoltre nessuno dei testi escussi era presente sin dall'inizio negli spogliatoi, essendo i colleghi Ac. e Pi. e Ki. sopraggiunti dopo.

Quanto alla contestazione relativa alla presunta aggressione fisica nei confronti del sig. No., quest'ultimo ha ancora una volta negato la sussistenza degli addebiti mossi dalla società. Inoltre a confermare l'aggressione ci sono solo le testimonianze dei colleghi Pi. e Ac., al momento delle dichiarazioni ancora dipendenti della convenuta, mentre l'altro teste pure intimato dalla convenuta, Ki., ha, come sopra precisato, riportato la situazione come una vicenda scherzosa.

In presenza di versioni dei fatti così diverse e contrastanti rese dalle persone presenti, non può dirsi raggiunta la prova (il cui onere spettava al datore di lavoro) delle circostanze poste a base delle gravi contestazioni disciplinari sollevate nei confronti del lavoratore (che ove confermate avrebbero di certo giustificato il licenziamento) deve dunque accogliersi la domanda di accertamento dell'illegittimità del recesso aziendale.

Con riferimento alle conseguenze del licenziamento, essendo intervenuto anche il provvedimento di esclusione da socio (qui non impugnato), come già dedotto in ricorso non trova applicazione la tutela prevista dall'art. 18 L. n. 300/70 (ciò ex L. 142/01), dovendo invece trovare applicazione la c.d. "tutela obbligatoria"; la Ap. soc. coop. a r.l. va dunque condannata alla riassunzione del ricorrente entro 3 giorni, ovvero in mancanza, al pagamento di un'indennità risarcitoria che, si ritiene di limitare a 2,5 mensilità della retribuzione di fatto percepita.

Le spese di lite seguono la soccombenza, tenendo anche conto del fatto che la società ha rifiutato la proposta transattiva del Giudice (risarcimento nella misura di 2,5 mensilità oltre ad un concorso spese), accettata sin da subito dal lavoratore.

P.Q.M.

Il Giudice, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta così provvede:

accerta e dichiara l'illegittimità del licenziamento intimato al ricorrente e per l'effetto condanna la convenuta alla riassunzione del ricorrente entro 3 giorni o in mancanza al pagamento di una somma corrispondente a 2,5 mensilità della retribuzione di fatto percepita;

condanna la Ap. soc. coop. a r.l. al pagamento in favore del ricorrente dei compensi professionali liquidati ex DM 140/12 in Euro 2.250,00, oltre IVA e CPA;

fissa termine di giorni 10 per il deposito dei motivi.