Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni lavorative per le quali è stato assunto, cioè quelle concordate tra le parti in sede di contratto. Il datore di lavoro ha, dunque, l'obbligo di far conoscere al lavoratore la propria qualifica.
L'inquadramento del lavoratore deve avvenire con riferimento alle categorie (o livelli) previste dalla contrattazione sindacale collettiva.
Nella prassi può capitare che la lettera di assunzione contenga solo il livello contrattuale di riferimento, senza indicazione dei compiti specifici cui è tenuto il lavoratore. In tal caso, l'attribuzione al lavoratore della qualifica corrispondente alle mansioni svolte deve avvenire seguendo un procedimento logico articolato in tre fasi successive, occorrendo accertare in fatto le attività concretamente svolte dal lavoratore, individuare poi la qualifica rivendicata e le mansioni alla stessa riconducibili secondo la disciplina dettata dalla contrattazione collettiva e verificare, infine, che le prime corrispondano a queste ultime. A tal scopo l'interprete o il giudice dovrà indagare le mansioni previste dal CCNL senza poter indagare sulla loro ragionevolezza poichè deve escludersi un sindacato giudiziale relativamente alla ragionevolezza dei criteri secondo cui i contratti collettivi operino distinzioni tra i vari tipi di mansione ai fini dell'inquadramento contrattuale dei lavoratori e della loro progressione di carriera sulla base dello svolgimento di determinate mansioni, dato che è proprio la contrattazione collettiva ad essere ritenuta dalla legge lo strumento idoneo ad interpretare le esigenze dei vari settori produttivi ai fini in esame, come è stato confermato dall'art. 2 della l. n. 190 del 1985 in materia di determinazione dei requisiti di appartenenza alla categoria dei quadri, che riproduce la "ratio" della disposizione dettata, nella vigenza dell'ordinamento corporativo, dall'art. 2095, comma 2, c.c. Nè una direttiva in senso contrario può desumersi dal principio costituzionale di uguaglianza, data la insussistenza di un obbligo per il datore di lavoro di rispettare la parità di trattamento tra i vari lavoratori, semprechè non ponga in essere uno dei tipi di discriminazione positivamente presi in considerazione, e vietati (discriminazioni per sesso, convinzioni politiche, ecc.).