La legge Fornero, secondo la sentenza di seguito indicata (Trib. Milano 04.03.2013), non si applica in caso di scadenza di un contratto di lavoro a termine illegittimamente stipulato e di comunicazione da parte del datore di lavoro della conseguente disdetta
Sentenza
OMISSIS
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato in data 22 ottobre 2012, OG.Jh.Ay. ricorreva al Tribunale di Milano, in funzione di giudice del lavoro, per sentire accogliere le sopra indicate conclusioni, nei confronti di DE.SE. s.r.l.
Rilevava il ricorrente di essere stato assunto come socio lavoratore subordinato con contratto di lavoro a tempo determinato full time del 18 ottobre 2010 (doc. 1 fasc. ric.).
Dopo la prima scadenza il contratto era stato prorogato al 31 gennaio 2012 (doc. 2 fasc. ric.).
A quella scadenza il contratto non era più stato rinnovato (doc. 4 fasc. ric.).
OG.Jh.Ay. aveva regolarmente impugnato il licenziamento.
Su tali basi in fatto la ricorrente avanzava le domande sopra riportate.
Nessuno si costituiva per DE.SE. s.r.l., che veniva dichiarata contumace.
All'udienza del 4 marzo 2013, pertanto, la causa veniva posta in decisione con contestuale lettura del dispositivo.
Motivi della decisione
1. Il ricorso di OG.Jh.Ay. è fondato e va accolto.
I dati documentali raccolti nei fascicoli di parte sono sufficienti per la decisione, senza necessità di procedere ad altra attività istruttoria.
OG.Jh.Ay. viene assunto come socio lavoratore subordinato con contratto di lavoro a tempo determinato full time del 18 ottobre 2010 (doc. 1 fasc. ric.), "per ragioni di carattere produttivo ed organizzativo".
Dopo la prima scadenza il contratto è prorogato fino al 31 gennaio 2012 (doc. 2 fasc. ric.), senza motivazione alcuna. A quella scadenza il contratto non viene più rinnovato (doc. 4 fasc. ric.).
2. Con l'art. 1, D.Lgs. 368 del 2001 il legislatore detta due regole fondamentali:
a) l'apposizione del termine è consentita solo per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo (primo comma);
b) è priva di effetto se tali ragioni non vengono specificate nell'atto scritto (secondo comma).
Pare evidente che non ci si possa limitare a indicare il tipo di ragioni, parafrasando la dizione legislativa, ma si debba adempiere a quell'onere di specificazione che la norma impone alle parti che stipulano il contratto individuale di lavoro (in assenza peraltro nel nuovo sistema di una delega di funzioni regolati ve al sindacato).
Le ragioni devono essere specificate dal datore di lavoro in maniera circostanziata e puntuale, in modo da consentire il controllo della connessione tra la durata temporanea della prestazione, le esigenze dedotte e l'utilizzazione del lavoratore, anche in base agli accordi collettivi richiamati nel contratto costitutivo del rapporto (così Cass. civ., sez. lav., 27 aprile 2010, n. 10033).
Indicare ragioni specifiche significa quindi fornire indicazioni che consentano il controllo delle ragioni indicate.
Una ragione giustificatrice o è controllabile o non è, tanto più se la legge impone di specificarla.
Secondo la più autorevole giurisprudenza della Corte di v Cassazione (Cass. 21 maggio 2008 n. 12985) non solo la mancanza di forma scritta del contratto, ma anche la mancata specificazione nel contratto delle ragioni di cui al comma 1 comporta come conseguenza che "l'apposizione del termine è priva di effetto" (secondo comma, art. 1 D. Lgs. 6/9/2001, n. 368). Nella specie, DE.SE. s.r.l. non indica alcuna men che generica ragione "di carattere produttivo ed organizzativo", limitandosi a riprendere, nel contratto, la dizione legale.
3. Nel caso di scadenza di un contratto di lavoro a termine illegittimamente stipulato e di comunicazione da parte del datore di lavoro della conseguente disdetta, non è applicabile - come correttamente ritenuto dal giudice in caso di ordinanza ex lege Fornero - la norma dell'art. 18 L. n. 300 del 1970 relativa alla reintegrazione nel posto di lavoro (Cass. sez. un., 8 ottobre 2002, n. 14381).
Il contratto, come dice l'art. 32, comma 5, della legge 4 novembre 2010, n. 183, "si converte" in contratto a tempo indeterminato.
In casi del genere non spetta la retribuzione, e questo nonostante la parte ricorrente abbia provveduto ad offrire la prestazione all'azienda, determinando una situazione di mora accipiendi del datore di lavoro.
Infatti, l'art. 32, comma 5, della legge 4 novembre 2010, n. 183 ("Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro"), ha statuito la spettanza, in caso di conversione del contratto a tempo determinato, di una indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati dall'art. 8 L. 604/1966 (ossia avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti). Vista la ridotta durata del rapporto, pare opportuno indicare l'indennità di 3 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, patta pari ad Euro 1590,13, per un credito, quindi di Euro 4.770,39.
4. Alla soccombenza di DE.SE. s.r.l. seguono, ex art. 91 c.p.c., le spese processuali, che si liquidano a suo carico e in favore di OG.Jh.Ay., in complessivi Euro 2000,00, oltre agli accessori fiscali e previdenziali previsti ai sensi di legge.
P.Q.M.
Il Tribunale di Milano, in funzione di giudice del lavoro, definitivamente pronunciando, ogni contraria ed ulteriore istanza domanda ed eccezione disattesa, così decide:
1) accerta e dichiara la nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato e dichiara che tra le parti intercorre, dall' 1 ottobre 2010, un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato mai cessato;
2) ordina alla società convenuta DE.SE. s.r.l. l'immediato ripristino del rapporto di lavoro, nonché, in applicazione dell'art. 32 legge 183/2010, condanna la società convenuta al risarcimento del danno subito dalla ricorrente stabilendo un'indennità nella misura di Euro 4.770,39, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sulle somme rivalutate dal le singole scadenze al saldo;
3) condanna la parte soccombente DE.SE. s.r.l. alla rifusione delle spese processuali a vantaggio di OG.Jh.Ay., liquidate in complessivi Euro 2000,00, oltre agli accessori fiscali e previdenziali previsti ai sensi di legge;
4) ai sensi dell'art. 53 d.l. 25 giugno 2008, n. 112, che ha modificato l'art. 429, primo comma, c.p.c., fissa in giorni cinque il termine per il deposito della sentenza.
Così deciso in Milano il 4 marzo 2013.
Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2013.