Secondo la sentenza di seguito ritrascritta, dall'assenza sul lavoro prolungata si possono desumere le dimissioni tacite del lavoratore
Sentenza del Tribunale di Monza del 25.09.2015
OMISSIS
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1) Le parti in data 29.9.2010 hanno stipulato un contratto di lavoro a tempo determinato in scadenza al 29.12.2010 per lo svolgimento di mansioni di lavapiatti, con inquadramento del ricorrente al livello 7 operai del CCNL Pubblici Esercizi e con orario di lavoro di 24 ore settimanali distribuite su sei giorni lavorativi (doc. 2 fasc. ricorr.).
L'assunzione a termine oggetto di causa è avvenuta in previsione di "un incremento lavorativo nel periodo in questione" (vedi contratto di assunzione al doc. 2 ric.).
Ai sensi dell'art. 1 del D.Lgs. n. 368 del 2001 è consentita l'apposizione di un termine al rapporto di lavoro per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo, mentre il comma 2 dello stesso articolo precisa che l'apposizione del termine è priva di effetto qualora non risultino specificate per iscritto le ragioni suddette, così da consentire al lavoratore e al giudice di verificare l'effettività della esigenza fatta valere.
La parte resistente non ha comprovato, come era suo onere, l'effettiva sussistenza delle ragioni - peraltro indicate in modo estremamente generico - giustificative del termine apposte al contratto di assunzione e, quindi, deve ritenersi nulla la clausola del termine apposta al contratto di assunzione stipulato dalle parti.
La nullità del termine apposto al contratto determina la conversione del rapporto di lavoro a termine in rapporto a tempo indeterminato fin dal 29.9.2010 e non dal 12.9.2010, non avendo il ricorrente comprovato di avere iniziato a lavorare per la V. - omissis - (per brevità di seguito: V.) in data 12.9.2010, prima della regolarizzazione del rapporto avvenuta come detto il 29.9.2010.
La parte ricorrente ha dunque diritto alla corresponsione, a titolo di risarcimento del danno, di un'indennità onnicomprensiva ai sensi dell'art. 32, co. 5, della L. n. 183 del 2010 che, per quanto si dirà più avanti sulla durata estremamente limitata del rapporto di lavoro (già cessato alla data del 4.10.2010), va contenuta nella misura minima di Euro 2.090,60 pari a 2,5 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto percepita di Euro 836,24.
La parte resistente va quindi condannata a pagare in favore della parte ricorrente, a titolo di risarcimento del danno, la somma complessiva di Euro 2.090,60, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria da oggi al saldo.
2) Il ricorrente pretende il pagamento delle retribuzioni dal 12.9.2010 al 20.1.2011 facendo presente che a far data dal 4.10.2010 era rimasto assente per malattia cessata il 20.1.2011.
Il ricorrente non ha però provato, mediante la produzione dei certificati medici di malattia debitamente inviati alla società e all'INPS, di essere rimasto in malattia in tutto il periodo anzidetto (dal 4.10.2010).
La lacuna probatoria in punto malattia non può dirsi colmata con la comunicazione in data 1.12.2010, indirizzata all'INPS e fatta pervenire anche al datore di lavoro, nella quale il ricorrente dichiara di essere in malattia dal 22.11.2010 al 17.12.2010 e neppure con il certificato medico del 20.12.2010 che riporta una prognosi fino a tutto il 20.1.2011 (vedi docc. n. 5 e n. 6 fasc. ricorrente).
A fronte di quanto detto, deve darsi credito alla versione dei fatti fornita dalla parte resistente, secondo cui il ricorrente, in realtà, è rimasto assente dal posto di lavoro a partire dal 4.10.2010, senza alcuna giustificazione.
Il contratto di lavoro tra le parti si deve, quindi, ritenere risolto per dimissioni tacite del ricorrente che, rimanendo assente ingiustificato dal 4.10.2010, ha mostrato, con comportamento concludente, di non avere più interesse alla prosecuzione del rapporto di lavoro oltre quella data.
Come sopra già evidenziato il ricorrente neppure ha comprovato di avere iniziato a lavorare per la V. in data 12.9.2010.
Per tutte le considerazioni svolte in merito alla durata del rapporto di lavoro, va respinta la domanda svolta dal ricorrente per ottenere la declaratoria della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato dal 12.9.2010 al 20.1.2011, con diritto all'inquadramento come operaio di 7 livello CCNL imprese del settore turismo e la domanda di pagamento delle differenze di retribuzione che sarebbero maturate nel periodo dal 12.9.2010 al 20.1.2011.
3) In ragione delle difficoltà di apprezzamento del caso concreto e delle peculiarità della vicenda, si ritiene equo compensare integralmente le spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Giudice del Tribunale di Monza, in funzione di Giudice del lavoro, definitivamente pronunciando, così provvede:
a) dichiara nulla la clausola del termine apposta al contratto di assunzione stipulato dalle parti;
b) dichiara che il rapporto di lavoro a tempo determinato intercorso tra le parti si è convertito in contratto di lavoro a tempo indeterminato dal 29.9.2010;
c) condanna la società resistente a pagare in favore del ricorrente, a titolo di risarcimento del danno, la somma complessiva di Euro 2.090,60, corrispondente a 2,5 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria da oggi al saldo;
d) respinge ogni altra domanda del ricorrente;
e) compensa tra le parti le spese di lite.
Così deciso in Monza, il 25 settembre 2015.
Depositata in Cancelleria il 25 settembre 2015.
Sentenza del Tribunale di Monza del 25.09.2015
OMISSIS
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1) Le parti in data 29.9.2010 hanno stipulato un contratto di lavoro a tempo determinato in scadenza al 29.12.2010 per lo svolgimento di mansioni di lavapiatti, con inquadramento del ricorrente al livello 7 operai del CCNL Pubblici Esercizi e con orario di lavoro di 24 ore settimanali distribuite su sei giorni lavorativi (doc. 2 fasc. ricorr.).
L'assunzione a termine oggetto di causa è avvenuta in previsione di "un incremento lavorativo nel periodo in questione" (vedi contratto di assunzione al doc. 2 ric.).
Ai sensi dell'art. 1 del D.Lgs. n. 368 del 2001 è consentita l'apposizione di un termine al rapporto di lavoro per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo, mentre il comma 2 dello stesso articolo precisa che l'apposizione del termine è priva di effetto qualora non risultino specificate per iscritto le ragioni suddette, così da consentire al lavoratore e al giudice di verificare l'effettività della esigenza fatta valere.
La parte resistente non ha comprovato, come era suo onere, l'effettiva sussistenza delle ragioni - peraltro indicate in modo estremamente generico - giustificative del termine apposte al contratto di assunzione e, quindi, deve ritenersi nulla la clausola del termine apposta al contratto di assunzione stipulato dalle parti.
La nullità del termine apposto al contratto determina la conversione del rapporto di lavoro a termine in rapporto a tempo indeterminato fin dal 29.9.2010 e non dal 12.9.2010, non avendo il ricorrente comprovato di avere iniziato a lavorare per la V. - omissis - (per brevità di seguito: V.) in data 12.9.2010, prima della regolarizzazione del rapporto avvenuta come detto il 29.9.2010.
La parte ricorrente ha dunque diritto alla corresponsione, a titolo di risarcimento del danno, di un'indennità onnicomprensiva ai sensi dell'art. 32, co. 5, della L. n. 183 del 2010 che, per quanto si dirà più avanti sulla durata estremamente limitata del rapporto di lavoro (già cessato alla data del 4.10.2010), va contenuta nella misura minima di Euro 2.090,60 pari a 2,5 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto percepita di Euro 836,24.
La parte resistente va quindi condannata a pagare in favore della parte ricorrente, a titolo di risarcimento del danno, la somma complessiva di Euro 2.090,60, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria da oggi al saldo.
2) Il ricorrente pretende il pagamento delle retribuzioni dal 12.9.2010 al 20.1.2011 facendo presente che a far data dal 4.10.2010 era rimasto assente per malattia cessata il 20.1.2011.
Il ricorrente non ha però provato, mediante la produzione dei certificati medici di malattia debitamente inviati alla società e all'INPS, di essere rimasto in malattia in tutto il periodo anzidetto (dal 4.10.2010).
La lacuna probatoria in punto malattia non può dirsi colmata con la comunicazione in data 1.12.2010, indirizzata all'INPS e fatta pervenire anche al datore di lavoro, nella quale il ricorrente dichiara di essere in malattia dal 22.11.2010 al 17.12.2010 e neppure con il certificato medico del 20.12.2010 che riporta una prognosi fino a tutto il 20.1.2011 (vedi docc. n. 5 e n. 6 fasc. ricorrente).
A fronte di quanto detto, deve darsi credito alla versione dei fatti fornita dalla parte resistente, secondo cui il ricorrente, in realtà, è rimasto assente dal posto di lavoro a partire dal 4.10.2010, senza alcuna giustificazione.
Il contratto di lavoro tra le parti si deve, quindi, ritenere risolto per dimissioni tacite del ricorrente che, rimanendo assente ingiustificato dal 4.10.2010, ha mostrato, con comportamento concludente, di non avere più interesse alla prosecuzione del rapporto di lavoro oltre quella data.
Come sopra già evidenziato il ricorrente neppure ha comprovato di avere iniziato a lavorare per la V. in data 12.9.2010.
Per tutte le considerazioni svolte in merito alla durata del rapporto di lavoro, va respinta la domanda svolta dal ricorrente per ottenere la declaratoria della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato dal 12.9.2010 al 20.1.2011, con diritto all'inquadramento come operaio di 7 livello CCNL imprese del settore turismo e la domanda di pagamento delle differenze di retribuzione che sarebbero maturate nel periodo dal 12.9.2010 al 20.1.2011.
3) In ragione delle difficoltà di apprezzamento del caso concreto e delle peculiarità della vicenda, si ritiene equo compensare integralmente le spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Giudice del Tribunale di Monza, in funzione di Giudice del lavoro, definitivamente pronunciando, così provvede:
a) dichiara nulla la clausola del termine apposta al contratto di assunzione stipulato dalle parti;
b) dichiara che il rapporto di lavoro a tempo determinato intercorso tra le parti si è convertito in contratto di lavoro a tempo indeterminato dal 29.9.2010;
c) condanna la società resistente a pagare in favore del ricorrente, a titolo di risarcimento del danno, la somma complessiva di Euro 2.090,60, corrispondente a 2,5 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria da oggi al saldo;
d) respinge ogni altra domanda del ricorrente;
e) compensa tra le parti le spese di lite.
Così deciso in Monza, il 25 settembre 2015.
Depositata in Cancelleria il 25 settembre 2015.