Ipotizziamo un assistente capo della Polizia di Stato che, nell'ispezionare i locali della caserma, cade a causa di un insidioso pavimento bagnato riportando lesioni di una certa gravità, che lo portano ad essere giudicato dopo qualche anno non più idoneo al servizio operativo esterno ma solo ai ruoli civili amministrativi.
Ebbene, nell'ambito del rapporto di lavoro pubblico, al verificarsi di una circostanza per la quale il dipendente resti suo malgrado danneggiato a causa di una noncuranza o omissione del datore di lavoro (il datore potrebbe aver violato la normativa in materia di requisiti dei luoghi di lavoro dettata dal D.P.R. n. 303/56 la quale, per i lavori continuativi, vieta l'uso di locali che non rispondano a determinati requisiti, tra i quali quello di essere ben asciutto e difeso dall'umidità e con pavimento anti-scivolamento), egli può rivolgersi al giudice e domandare il risarcimento dei danni subiti di tipo non patrimoniale (danno biologico ed esistenziale) e patrimoniale (spese mediche sostenute e documentate oltre a mancato guadagno derivante dall'impossibilità di svolgere, fino al collocamento a riposo, ore di lavoro straordinario).
Come capire se la domanda è fondata
Per capire se la pretesa di cui parliamo può essere ritenuta attendibile e sostenibile in sede di ricorso, occorre tenere presente che il giudice valuta la richiesta sulla base di alcuni parametri processuali.
Vediamo, in sintesi, quali sono questi criteri guida:
a) l'individuazione del titolo dell'obbligazione risarcitoria;
b) la qualificazione della responsabilità del datore, contrattuale o extracontrattuale;
c) la verifica degli elementi costitutivi e strutturali della responsabilità;
d) l'ìndividuazione e misurazione del danno risarcibile.
Fatto questo, al magistrato tocca poi tenere in considerazione l'eventuale attribuzione alla persona danneggiata di una liquidazione, ad esempio, dell'equo indennizzo, da detrarre dalla somma dovuta a titolo di risarcimento.
Come provare il danno
Ovviamente una causa che presupponga una domanda risarcitoria di questo tipo non può poggiare solo sulla richiesta in se e per se: il ricorso va invece arricchito con prove robuste.
Regola vuole che la responsabilità ex art. 2087 c.c. abbia natura contrattuale.
Pertanto il lavoratore deve allegare e provare:
1) l'esistenza dell'obbligazione lavorativa;
2) il danno;
3) il nesso causale dell'evento dannoso con la prestazione lavorativa.
Il datore, per parte sua, deve invece provare in causa che il danno è dipeso da causa a lui non imputabile, dal momento che ha messo in atto tutte le misure per evitare la lesione.
In generale, oltre al pregiudizio patrimoniale, la responsabilità del datore implica il riconoscimento dei danni non patrimoniali ex art. 2059 c.c.
Come capire se il risarcimento finale è giusto
Nel corso del tempo le sentenze dei giudici sono state di due tipi in questa materia: un primo orientamento ha ritenuto la cumulabilità di eventuali indennità riconosciute e il risarcimento vero e proprio, ciò per la diversità dei rischi coperti.
Un secondo orientamento ha invece ritenuto la non cumulabilità dei due aspetti di danno, vista l'esigenza di evitare che la vittima, per una sorta di duplicazione patrimoniale, si arricchisca ingiustificatamente per lo stesso danno a carico dello stesso soggetto.
Come regola generale, comunque, sembra utile tenere a mente che il risarcimento è accertato e liquidato nella giusta misura solo e soltanto se ripaga per intero la vittima delle lesioni che suo malgrado ha subito nell'ambiente di lavoro non idoneo.
In altri termini: l'obiettivo del ricorso sarà il "danno effettivo", quindi tutto quanto necessario per arrivare al ristoro della lesione all'integrità psico fisica rimuovendo gli effetti economici pregiudizievoli derivanti dalla violazione del datore degli obblighi di protezione del dipendente.
Che tipo di assistenza legale serve in questi casi
Accertata la responsabilità del datore bisogna determinare il danno risarcibile.
Ridotto alla sua estrema sintesi il percorso processuale sembra addirittura banale; in realtà si tratta di una causa tecnica ed abbastanza complessa, nella quale è decisivo prestare attenzione ad ogni singolo passaggio in ossequio al criterio dell'onere della prova.
Per questo il consiglio è di affidarsi ad avvocati che abbiano familiarità nella trattazione di casi di questo tipo: solo l'esperienza riduce/elimina il margine di errore nella conduzione dell'iter processuale, per fare in modo che la domanda di risarcimento venga presentata in modo completo e sostenibile agli occhi del giudice.
Ebbene, nell'ambito del rapporto di lavoro pubblico, al verificarsi di una circostanza per la quale il dipendente resti suo malgrado danneggiato a causa di una noncuranza o omissione del datore di lavoro (il datore potrebbe aver violato la normativa in materia di requisiti dei luoghi di lavoro dettata dal D.P.R. n. 303/56 la quale, per i lavori continuativi, vieta l'uso di locali che non rispondano a determinati requisiti, tra i quali quello di essere ben asciutto e difeso dall'umidità e con pavimento anti-scivolamento), egli può rivolgersi al giudice e domandare il risarcimento dei danni subiti di tipo non patrimoniale (danno biologico ed esistenziale) e patrimoniale (spese mediche sostenute e documentate oltre a mancato guadagno derivante dall'impossibilità di svolgere, fino al collocamento a riposo, ore di lavoro straordinario).
Come capire se la domanda è fondata
Per capire se la pretesa di cui parliamo può essere ritenuta attendibile e sostenibile in sede di ricorso, occorre tenere presente che il giudice valuta la richiesta sulla base di alcuni parametri processuali.
Vediamo, in sintesi, quali sono questi criteri guida:
a) l'individuazione del titolo dell'obbligazione risarcitoria;
b) la qualificazione della responsabilità del datore, contrattuale o extracontrattuale;
c) la verifica degli elementi costitutivi e strutturali della responsabilità;
d) l'ìndividuazione e misurazione del danno risarcibile.
Fatto questo, al magistrato tocca poi tenere in considerazione l'eventuale attribuzione alla persona danneggiata di una liquidazione, ad esempio, dell'equo indennizzo, da detrarre dalla somma dovuta a titolo di risarcimento.
Come provare il danno
Ovviamente una causa che presupponga una domanda risarcitoria di questo tipo non può poggiare solo sulla richiesta in se e per se: il ricorso va invece arricchito con prove robuste.
Regola vuole che la responsabilità ex art. 2087 c.c. abbia natura contrattuale.
Pertanto il lavoratore deve allegare e provare:
1) l'esistenza dell'obbligazione lavorativa;
2) il danno;
3) il nesso causale dell'evento dannoso con la prestazione lavorativa.
Il datore, per parte sua, deve invece provare in causa che il danno è dipeso da causa a lui non imputabile, dal momento che ha messo in atto tutte le misure per evitare la lesione.
In generale, oltre al pregiudizio patrimoniale, la responsabilità del datore implica il riconoscimento dei danni non patrimoniali ex art. 2059 c.c.
Come capire se il risarcimento finale è giusto
Nel corso del tempo le sentenze dei giudici sono state di due tipi in questa materia: un primo orientamento ha ritenuto la cumulabilità di eventuali indennità riconosciute e il risarcimento vero e proprio, ciò per la diversità dei rischi coperti.
Un secondo orientamento ha invece ritenuto la non cumulabilità dei due aspetti di danno, vista l'esigenza di evitare che la vittima, per una sorta di duplicazione patrimoniale, si arricchisca ingiustificatamente per lo stesso danno a carico dello stesso soggetto.
Come regola generale, comunque, sembra utile tenere a mente che il risarcimento è accertato e liquidato nella giusta misura solo e soltanto se ripaga per intero la vittima delle lesioni che suo malgrado ha subito nell'ambiente di lavoro non idoneo.
In altri termini: l'obiettivo del ricorso sarà il "danno effettivo", quindi tutto quanto necessario per arrivare al ristoro della lesione all'integrità psico fisica rimuovendo gli effetti economici pregiudizievoli derivanti dalla violazione del datore degli obblighi di protezione del dipendente.
Che tipo di assistenza legale serve in questi casi
Accertata la responsabilità del datore bisogna determinare il danno risarcibile.
Ridotto alla sua estrema sintesi il percorso processuale sembra addirittura banale; in realtà si tratta di una causa tecnica ed abbastanza complessa, nella quale è decisivo prestare attenzione ad ogni singolo passaggio in ossequio al criterio dell'onere della prova.
Per questo il consiglio è di affidarsi ad avvocati che abbiano familiarità nella trattazione di casi di questo tipo: solo l'esperienza riduce/elimina il margine di errore nella conduzione dell'iter processuale, per fare in modo che la domanda di risarcimento venga presentata in modo completo e sostenibile agli occhi del giudice.