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mercoledì 3 maggio 2023

Le fatture sono elementi di prova sufficienti per l'emissione di un decreto ingiuntivo ma non in caso di opposizione

 Sentenza Tribunale Napoli sez. XII, 01/12/2022, n.10747


Fatto

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. La società EL. Im. Srl (d'ora in poi EL.) proponeva opposizione al decreto ingiuntivo num. (omissis), emesso dal Tribunale di Napoli, in data 10/09/2018 e depositato in data 11/09/2018, per l'importo di Euro 9.656,00 oltre interessi e spese.


L'intimata eccepiva l'inammissibilità, inesigibilità ed infondatezza del credito azionato con l'iniziativa monitoria dell'opposta.


In particolare, impugnava le fatture prodotte dalla controparte, in quanto riferite a prestazioni del tutto generiche e non facilmente individuabili, di cui comunque si contestava l'effettivo e/o il corretto adempimento, nonché il quantum debeatur richiesto.


La fattura num. 2 del 02.02.2017, di Euro 8.364,00, risultava riferita ad un ordine num. (omissis), mai sottoscritto e mai concordato tra le parti.


Inoltre, le prestazioni rese dalla ricorrente erano state oggetto di contestazioni, verbali e scritte, in ragione della cattiva o ritardata esecuzione dei lavori.


Difatti, la EL. era stata richiamata dagli Enti pubblici e dalla Go. spa per l'errata esecuzione dei lavori commissionati proprio a causa dell'inadempimento della ED. An. che, nonostante i ripetuti solleciti, non provvedeva a rendere le opere conformi a regola d'arte, così costringendo l'opponente a rivolgersi ad altre società o ad operare autonomamente per rendere i lavori collaudabili.


La EL. era costretta a sopportare i costi per le opere non eseguite secondo le regole dell'arte dall'opposta, talvolta affrontando anche giudizi civili, aventi ad oggetto richieste di risarcimento dei danni, per il cattivo operato della ricorrente.


L'intimata contestava specificamente la fattura num 4 del 12/07/2017, relativa al distacco di un lavoratore, sig. Gi. Ma., della ED. AN. presso la EL., poiché quest'ultimo prestava la propria opera solo per 68 ore, a fronte di un accordo che, viceversa, prevedeva la durata mensile del distacco (dal 14-11-2016 al 16-12-2016), in quanto rivelatosi inadeguato all'esecuzione delle mansioni previste.


In particolare, la richiesta economica contenuta nella suddetta fattura era da considerarsi sproporzionata rispetto alla prestazione effettivamente eseguita dal lavoratore distaccato.


Tali circostanze erano state anche comunicate in precedenza, da ultimo a mezzo pec del 19/04/2018.


L'opponente spiegava, quindi, domanda riconvenzionale per ottenere la compensazione tra quanto eventualmente dovuto all'opposta e i crediti accertati in capo alla El.CI. Im..


Riportandosi a quanto dedotto, chiedeva l'accoglimento delle seguenti conclusioni:


a) In via principale rigettare ogni avversa richiesta per essere del tutto inammissibile oltre che infondata in fatto ed in diritto per le causali di cui in premessa e per l'effetto, revocare o dichiarare nullo il decreto ingiuntivo n. (omissis) emesso dal Tribunale di Napoli;


b) In via riconvenzionale compensare quanto eventualmente dovuto alla società opposta, all'esito delle risultanze istruttorie, con le ragioni di credito della società opponente, sopra specificate, ed in ipotesi di credito della società opponente superiore a quello eventualmente dovuto alla società opposta, condannare la Ed. An. di Ca. Sa. e C. Sas al risarcimento dei danni in favore della società El. Im. Srl di quanto dovuto per le causali di cui innanzi con maggiorazione di interessi e rivalutazione monetaria nei limiti di valore del presente procedimento.


c) In ogni caso, condannare l'opposta società al pagamento delle spese e competenze di lite, oltre spese generali al 15%, I.V.A. e C.P.A. in misura di legge con attribuzione ai sottoscritti procuratori antistatari.


Si costituiva in giudizio la società Ed. An. e C. s.a.s. (d'ora in poi ED.) impugnando quanto ex adverso dedotto.


In primo luogo, la società opposta eccepiva la contraddittorietà della citazione, poiché finalizzata a dimostrare tanto l'inadempimento, quanto l'inesatto adempimento nell'esecuzione delle lavorazioni commissionate.


Le tre mail di contestazione dei lavori, allegate all'atto di opposizione, venivano impugnate, in quanto del tutto generiche e non direttamente riferibili alle fatture num 2 e 4 poste a base del ricorso monitorio.


Inoltre, le deduzioni di parte opponente, relative alla necessità di coinvolgere altre ditte nell'esecuzione dei lavori, stante la cattiva realizzazione degli stessi da parte dell'ingiunta, erano del tutto sfornite di elementi di prova al riguardo.


L'opposta precisava le modalità con cui avveniva il conferimento dell'incarico da parte della resistente, specificando che la EL. era solita convocare il rappresentante della ED., evidenziando le richieste di intervento e precisando le modalità di ripristino dei lavori da effettuare, cui faceva seguito una richiesta di ordine al subappaltatore, in cui venivano indicati i riferimenti della richiesta e la commessa.


Pertanto, al fine di dimostrare l'avvenuta prestazione lavorativa, la ricorrente depositava l'ordine al subappaltatore num. (omissis) del 30.01.02017, relativa a lavori effettuati nel mese di novembre 2016.


Insisteva nella richiesta di concessione della provvisoria esecuzione.


Rassegnava le seguenti conclusioni:


a) In via preliminare, ai sensi dell'art. 648 c.p.c., concedersi la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo n. 6746/2018 emesso dal Tribunale di Napoli, in data 10.09.2018 e depositato in data 11.09.2018, non essendo l'opposizione fondata su prova scritta e/o di pronta soluzione;


b) Nel merito, rigettare l'opposizione proposta ex art. 645 c.p.c., in quanto infondata in fatto e diritto, e per l'effetto confermare il decreto ingiuntivo n. (omissis);


c) In via subordinata, condannare l'opponente al pagamento, in favore dell'opposta, della somma che sarà concretamente accertata a seguito dell'istruttoria;


d) Condannare l'opponente alla refusione delle spese e competenze legali, oltre rimborso forfettario per spese generali, CPA ed IVA, della fase monitoria e del presente giudizio.


All'esito della prima udienza, il Giudice adito rigettava l'istanza di concessione della provvisoria esecuzione e concedeva alle parti i termini ex art. 183 co 6 c.p.c.


Nella seconda memoria la società opponente ribadiva le proprie eccezioni, compresa quella relativa alla bozza dell'ordine numero (omissis) del 30/01/2017, prodotta, peraltro, in formato cartaceo all'udienza del 24/06/2019, poiché mai sottoscritta, autorizzata e/o concordata.


La resistente ribadiva che la pretesa creditoria dell'opposta non poteva essere imputabile ad un ordine al subappaltatore num. (omissis) del 30/01/2017 per i presunti lavori eseguiti nel novembre 2016, assumendo che difettasse qualunque fatto costitutivo in grado di legittimare la suddetta ragione di credito.


La circostanza per cui la ED. AN. non eseguiva correttamente le proprie prestazioni era documentalmente provata dalle contestazioni giudiziarie eseguite da taluni Enti Pubblici e dalla società Go. spa nei confronti della EL..


Insisteva per l'accoglimento delle proprie conclusioni.


All'udienza del 25/05/2020, il giudice, rilevato che parte opponente aveva chiesto rinviarsi la causa per la precisazione delle conclusioni; osservato che parte opposta nelle note di trattazione scritta aveva chiesto disporsi la comparizione personale delle parti, nonché aveva chiesto ammettersi l'ordine di esibizione ex art. 210 cpc dei documenti indicati nelle dette note;


considerato che non si reputava necessario ottenere chiarimenti sui fatti di causa mediante la comparizione personale delle parti e che inoltre l'istanza di esibizione andava reputata inammissibile, in quanto tardiva (si rilevava che la detta istanza era stata formulata nelle note di trattazione scritta e che l'opposta non aveva depositato le memorie ex art. 183 comma 6 cpc), fissava l'udienza di precisazione delle conclusioni.


2. Tanto premesso, si osserva quanto segue.


Parte attrice, opponente, eccepisce l'inesistenza del credito vantato dall'opposta a fondamento del decreto ingiuntivo num. (omissis).


L'eccezione è fondata nei limiti di cui si dirà e, pertanto, va parzialmente accolta.


Giova ricordare che l'opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, nel quale il giudice deve accertare la fondatezza della pretesa fatta valere dall'opposto, che assume la posizione sostanziale di attore, mentre l'opponente, il quale assume la posizione sostanziale di convenuto, ha l'onere di contestare il diritto azionato con il ricorso, facendo valere l'inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda o l'esistenza di fatti estintivi o modificativi di tale diritto (Cass. sez. 1, sent. num. 2421 del 3.2.2006).


In tema di procedimento per ingiunzione, per effetto dell'opposizione, non si verifica alcuna inversione della posizione sostanziale delle parti nel giudizio contenzioso, nel senso che il creditore mantiene la veste di attore, l'opponente quella di convenuto, ciò che esplica i suoi effetti non solo nell'ambito dell'onere della prova, ma anche in ordine ai poteri ed alle preclusioni di ordine processuale, rispettivamente previsti per ciascuna delle parti (Cass. Sez. I, sent. num. 8718 del 27.6.2000).


In tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento ed eguale criterio di riparto dell'onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l'adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell'eccezione di inadempimento ex art. 1460 (risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l'altrui inadempimento, ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento). (S.U., sent. n. 13533 del 30-10-2001).


Nel caso di specie, la società opposta, ED. AN., ha basato la propria pretesa sulla fattura num. 2 del giorno 02/02/2017 e sulla fattura num. 4 del giorno 12/07/2017, relative, rispettivamente, ad un ordine di lavori in subappalto ed al distacco di un lavoratore presso la EL. IM..


Se è vero che la fattura è titolo idoneo per l'emissione di un decreto ingiuntivo in favore di chi l'ha emessa, ma nell'eventuale giudizio di opposizione la stessa non costituisce prova dell'esistenza del credito, che dovrà essere dimostrato con gli ordinari mezzi di prova dall'opposto, è vero anche che la mancata contestazione specifica della stessa può comportare l'effetto della "relevatio ab onere probandi".


Ebbene, la EL. IM., opponente, ha contestato le suddette fatture e gli importi in esse indicati, deducendo, quanto al preteso credito risultante dalla fattura n. 2/17, la carenza di prova del contratto e del suo contenuto, nonché la cattiva esecuzione dei lavori realizzati dalla controparte.


Quanto alla fattura n. 4/17, ha contestato l'ammontare della stessa, stante l'inutilizzo del lavoratore distaccato per l'intero periodo previsto, reso noto alla società opponente tramite invio di mail.


In particolare, la EL. IM. ha contestato la fattura num. 2/2017, poiché riferita all'ordine (omissis) del 30/01/2017, relativo a lavori di ripristino svolti nel novembre 2016, ordine disconosciuto dalla resistente e non recante alcuna sottoscrizione della stessa. La opponente ha, dunque, impugnato il suddetto ordine, poiché mai autorizzato, sottoscritto, né concordato tra le parti.


Inoltre, l'ingiunta, nonostante la genericità dei lavori cui la ED. AN. ha fatto riferimento in sede monitoria, ha sottolineato come le prestazioni eseguite da quest'ultima fossero state più volte contestate, anche mediante pec, a causa della loro errata o mancata esecuzione, addirittura rimanendo coinvolta in giudizi civili aventi ad oggetto richieste di risarcimento danni, avanzate da terzi.


A fronte delle contestazioni di parte opponente, la opposta non ha fornito adeguata prova delle sue ragioni di credito.


Ed invero, la Ed. An., in seguito alla contestazione della fattura n. 2/2017, si è limitata a depositare, nella presente sede oppositiva, una bozza dell'ordine di lavori in subappalto num. (omissis), priva di indicazione alcuna sui lavori da eseguire e altresì priva di sottoscrizioni.


La documentazione allegata, seppur recante l'intestazione della società EL., non reca né timbro di quest'ultima, né sottoscrizione del legale rappresentante della stessa: l'ordine risulta privo di firma elettronica o digitale in grado di attestare la veridicità e la provenienza del documento, come d'altronde riportato in calce (si legge nel suddetto ordine: "Gli ordini senza la firma telematica non impegnano la scrivente società").


Manca, dunque, la prova della fonte del rapporto obbligatorio dedotto in giudizio, in relazione al preteso credito di cui alla fattura n. 2/2017, prova che era onere del creditore procedente fornire, in base ai principi sopra enunciati in materia di ripartizione dell'onere probatorio nelle azioni di adempimento contrattuale.


3. La fattura num. 4/17 è stata oggetto di specifica contestazione, poiché il distacco del lavoratore è avvenuto per un lasso di tempo inferiore rispetto a quello concordato tra le parti, relativo al periodo dal 14.11.2016 al 16.12.2016.


L'opponente ha riconosciuto l'avvenuto distacco, ma ne ha eccepito la breve durata, poiché terminato in data 22.11.2016, dunque all'esito di 68 ore lavorative, altresì, specificando che la revoca del distacco era dipesa dall'inadeguatezza del lavoratore rispetto alle mansioni assegnate.


Difatti, in data 22.11.2016, l'opponente inviava mail, con cui comunicava che il dipendente distaccato, a far data dal giorno precedente, non prestava più la propria opera in cantiere e per tale ragione, chiedeva la revoca del distacco (v. email del 22-11-2016 allegata alla produzione di parte opponente).


Ebbene, nulla ha replicato l'opposta in relazione a quanto eccepito dall'opponente in ordine al credito rivendicato dalla Ed. An. per il distacco del lavoratore Ma. Gi..


La ricorrente si è limitata ad insistere nell'accoglimento della sua pretesa, allegando l'accordo di distacco, già prodotto nella fase monitoria, sottoscritto dalla EL. in qualità di distaccataria, nonché il cedolino del proprio dipendente, Gi. Ma., per il periodo di novembre 2016, (anch'esso già depositato nella fase monitoria).


Tale documentazione non vale, però, a comprovare che il Ma. abbia lavorato come distaccato presso l'EL. per l'intera durata concordata (dal 14-11-2016 al 16-12-2016).


Tuttavia, secondo la disciplina prevista dal decreto legislativo n. 276/2003, in capo al distaccatario sussiste l'obbligo di retribuzione del personale distaccato, in quanto fruitore della prestazione del lavoratore. Peraltro, l'opponente ha riconosciuto una prestazione lavorativa da parte del distaccato per un periodo temporale pari a 68 ore.


Sulla base di quanto premesso, sussiste a carico dell'opponente l'obbligo di versare la retribuzione in favore del lavoratore distaccatario, sig. Gi. Ma., per un tempo corrispondente a 68 ore lavorate, pari al periodo di servizio reso presso la resistente.


L'EL. va, dunque, condannata al pagamento, in favore della Ed. An., di Euro 878,56, somma calcolata sulla base del cedolino, allegato dalla opposta unitamente alla comparsa di costituzione (v. allegato doc 2_5), già prodotto nella fase monitoria, relativo alle spettanze dovute a Ma. Gi. per il mese di novembre 2016.


Il totale netto da corrispondere al Ma., risultante dal detto cedolino, è pari ad Euro 1007,86, calcolati per un totale di 78 ore lavorate.


Tale somma deve essere ricalcolata con riferimento a 68 ore di lavoro, pari al monte orario in cui il predetto lavoratore ha prestato servizio presso la EL., così come dedotto in citazione da quest'ultima, cui non ha fatto seguito alcuna specifica contestazione da parte dell'opposta.


Di conseguenza, l'EL. Im. va condannata al pagamento di 878,56 Euro, ricavati moltiplicando 12,92 Euro (pari ad un'ora di lavoro, calcolata dividendo il totale 1007,86 per 78 ore) per le 68h lavorate.


Il tutto oltre interessi legali dalla notifica del decreto (25.9.2018) al saldo.


Del tutto inammissibile è la deduzione di parte opposta - contenuta nelle note conclusionali depositate il 23-11-2022 -, relativa al pagamento di Euro 19,00 ad ora, stante la tardività della stessa.


4. La società opponente, EL., ha spiegato domanda riconvenzionale chiedendo "compensare quanto eventualmente dovuto alla società opposta, all'esito delle risultanze istruttorie, con le ragioni di credito della società opponente, sopra specificate, ed in ipotesi di credito della società opponente superiore a quello eventualmente dovuto alla società opposta, condannare la Ed. An. di Ca. Sa. e C. Sas al risarcimento dei danni in favore della società El. Im. Srl di quanto dovuto per le causali di cui innanzi con maggiorazione di interessi e rivalutazione monetaria nei limiti di valore del presente procedimento".


La società opposta ha contestato l'infondatezza della domanda riconvenzionale.


La detta domanda appare assolutamente generica.


La resistente EL. ha lamentato di avere dovuto operare autonomamente ovvero di essersi dovuta rivolgere a soggetti terzi per rendere i lavori eseguiti dalla ditta opposta conformi alle regole dell'arte.


Si duole, inoltre, di essere stata chiamata in giudizio da società terze e da enti pubblici per richieste risarcitorie asseritamente conseguenti alla cattiva esecuzione dei lavori da parte dell'opposta.


Sulla base di tali presupposti l'EL. ha domandato compensarsi le eventuali somme dovute alla ED. AN. con quanto ad essa spettante a titolo di risarcimento dei danni, a suo dire provocati dall'inadempimento della Ed. An. nella realizzazione dei lavori commissionati a quest'ultima.


Ebbene, si evidenzia la generica prospettazione delle dette pretese creditorie da parte dell'opponente, posto che, sulla base degli atti allegati, non vi è prova di contratti stipulati dalla EL. con terze imprese per eliminare i vizi delle opere realizzate dalla Ed. An., né l'opponente ha documentato costi sostenuti in proprio.


E tanto a prescindere dall'ulteriore rilievo per il quale i presunti costi sopportati non sono puntualmente indicati, né tanto meno, comprovati documentalmente.


Parimenti, appaiono genericamente allegati anche i controcrediti, opposti in compensazione dall'EL., asseritamente scaturenti dai giudizi aventi ad oggetto le richieste risarcitorie avanzate da soggetti terzi e nei quali sia stata chiamata in causa la EL..


A tale proposito, va anche osservato che dalla documentazione allegata dalla società opponente, unitamente alla memoria ex art. 183 comma 6 n. 2 cpc, non si evince che i detti giudizi siano stati ormai definiti e, quindi, non può dirsi che allo stato, sia stata accertata una responsabilità della EL., chiamata in causa.


Ne deriva che manca il requisito della liquidità del credito prescritto dal comma 1 dell'art. 1243 c.c. ovvero il requisito della facile e pronta liquidazione del credito di cui al successivo comma di tale articolo.


La compensazione giudiziale è ammessa nella sola ipotesi in cui il credito opposto sia (oltreché esigibile ed omogeneo al controcredito) di facile e pronta liquidazione, con la conseguenza che la mancanza di tale condizione (che si verifica non soltanto quando il credito non sia certo nel suo ammontare, ma anche qualora ne risulti contestata l'esistenza, sì che il relativo accertamento necessiti di una lunga istruttoria) obbliga il giudice a disattendere la relativa eccezione, dovendo la parte far valere il credito in separato giudizio con autonoma domanda.


Nella fattispecie in esame, il credito opposto in compensazione non è né liquido (e quindi, non può operare la compensazione legale), né è di facile e pronta liquidazione (e, quindi, non può operare la compensazione giudiziale).


Manca, dunque, il presupposto richiesto dall'art. 1243 cc, perché possa trovare applicazione l'istituto della compensazione.


A ciò va aggiunto che il controcredito opposto in compensazione dall'EL., scaturente dalle richieste di risarcimento dei danni avanzate dai terzi, da cui sono originati procedimenti civili, non può che essere liquidato in quella sede civile.


Si rammenta, infatti, il principio affermato dalla Suprema Corte secondo cui "La compensazione giudiziale, prevista dall'art. 1243, secondo comma, c.c., presupponendo l'accertamento del controcredito da parte del giudice dinanzi al quale la compensazione è fatta valere, non può fondarsi su di un credito la cui esistenza dipenda dall'esito di un separato giudizio in corso e che, perciò, non è liquidabile se non in quella sede" (Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 431 del 22 gennaio 1982).


A tutte le argomentazioni svolte va aggiunto l'ulteriore rilievo per il quale nella fattispecie in esame, non vi è prova alcuna, sulla base degli atti di causa, del nesso di causalità tra il dedotto inadempimento della ED. AN. ed i danni patrimoniali subiti dall'EL. Im..


La domanda riconvenzionale va, dunque, rigettata.


Stante l'accoglimento, sia pur parziale, dell'opposizione, il decreto ingiuntivo opposto va revocato.


L'opponente va condannata al pagamento di Euro 878,56 oltre interessi legali dalla notifica del decreto (25.9.2018) al saldo in favore dell'opposta.


La domanda riconvenzionale spiegata dall'ingiunta va respinta.


In tema di spese è bene precisare che in caso di accoglimento parziale dell'opposizione, il decreto ingiuntivo deve essere revocato e sostituito dalla sentenza di accoglimento parziale dell'opposizione, anche per le determinazioni relative alle spese, sia della fase monitoria che dell'opposizione.


L'accoglimento solo parziale implica la revoca del decreto, ma da ciò non deriva, necessariamente, che l'ingiunto possa ritenersi liberato dalla condanna al pagamento delle spese della fase monitoria.


Nell'opposizione per ingiunzione, la fase monitoria e quella di cognizione, che si apre con l'opposizione, fanno parte di un unico processo, nel quale l'onere delle spese è regolato in base all'esito finale del giudizio; ne consegue che l'accoglimento parziale dell'opposizione avverso il decreto ingiuntivo, sebbene implichi la revoca dello stesso, non comporta necessariamente il venir meno della condanna dell'ingiunto, poi opponente, al pagamento delle spese della fase monitoria, potendo le stesse esser poste legittimamente a suo carico, qualora alla revoca del decreto ingiuntivo si accompagni una condanna nel merito (Cass. Sez. I, sent. n. 14818 del 18.10.2002), seppure nei limiti delle somme definitivamente attribuite al creditore (Cass. n. 2019/1993).


Le spese della fase monitoria e della fase oppositiva vanno, dunque, poste a carico dell'ingiunta-opponente EL. e liquidate come in dispositivo, con attribuzione ai procuratori anticipatari, nei limiti delle somme definitivamente attribuite al creditore.


PQM

P.Q.M.

Il Tribunale di Napoli, sezione XII civile, in persona del Giudice Dott.ssa Luigia Stravino, definitivamente pronunziando in funzione di giudice monocratico in primo grado, disattesa ogni contraria istanza, difesa ed eccezione, così decide:


1) Accoglie parzialmente l'opposizione proposta da EL. Im. S.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, sig. Ma. Ca., e, per l'effetto, revoca il decreto ingiuntivo opposto num. (omissis) del Tribunale di Napoli;


2) Condanna l'opponente EL. Im. Srl al pagamento in favore dell'opposta della somma di Euro 878,56 oltre interessi legali dalla notifica del decreto (25.9.2018) al saldo; respinge la domanda riconvenzionale spiegata dall'opponente;


3) condanna l'EL. Im. srl al pagamento in favore della ED. AN. di Ca. Sa. e C. s.a.s. delle spese della fase monitoria, liquidate in Euro 145,50 per esborsi ed Euro 450,00 per onorari, oltre IVA, CPA e rimborso forfettario spese generali come per legge, con attribuzione ai procuratori anticipatari;


4) condanna l'opponente al rimborso in favore dell'opposta delle spese del presente procedimento di opposizione, liquidate in Euro 662,00 per compensi, oltre IVA, CPA e rimborso forfettario spese generali come per legge, con attribuzione ai procuratori antistatari.


Così deciso in Napoli, il 1° dicembre 2022


Depositata in Udienza il 1° dicembre 2022